La costruzione del Sé nel bambino: come avviene questo processo?

06.07.2020

Prima della nascita un bambino esiste già nell'immaginario dei suoi genitori, che si domandano di che sesso sarà, se assomiglierà al padre o alla madre, scelgono il nome, fanno progetti e anticipazioni sul suo futuro. 

Dopo la nascita lo osservano, gli attribuiscono tratti del carattere, intenzioni e attitudini. Approvano, disapprovano, suggeriscono, incoraggiano, indirizzano, guidano, propongono... insomma contribuiscono in mille modi diversi all'impostazione della sua identità.

Un neonato però non ha coscienza della propria identità, non ci sono confini tra lui e la sua mamma, si sente ancora "fuso" con essa; solo col passare del tempo si riconosce come individuo distinto, e ciò deve avvenire prima attraverso il corpo, riconosce le proprie mani, i proprio vocalizzi da quelli degli altri , si riconosce come essere dipendente dalla sua mamma ma anche separato. Tra il primo ed il secondo anno di vita impara a riconoscere la propria immagine allo specchio e ad usare il pronome "io".

Con l'emergere dell'identità corporea compare anche quella di genere. I bambini vogliono sapere se sono maschi o femmine, se assomigliano a mamma o papà e naturalmente sono interessati ai modelli che incontrano e comincia un processo di identificazione con i genitori, i fratelli, le sorelle, gli amici, gli ideali della famiglia e della cultura nazionale (eroi, personaggi mitici, attori, ecc.) e in questo modo assimilano norme e modelli di comportamento.

Questo periodo viene definito l'" Io allo specchio", nel senso che l'"Io" si struttura su quanto viene letto negli occhi del referente. Se qualcuno vive in un'atmosfera che invia un messaggio implicito o esplicito, di inadeguatezza, crea di sé l'immagine dell'incapace, se, al contrario, percepisce fiducia nelle proprie possibilità, egli stesso creerà un concetto di sé come di persona abile ad ottenere successi. 

Ecco alcuni esempi di frasi che spesso sentiamo dire ai più piccoli:


  • Sei birichino;
  • Sei monello;                                                                  
  • Sei piccolo non lo sai fare;
  • Sei sempre il solito non cambi mai;
  • Non piangere, sei grande;
  • Hai visto gli altri bambini come si comportano bene?;
  • Sei sempre l'ultimo, sbrigati;
  • Sono molto delusa, mi aspettavo di più.



Quante volte ci è capitato di ascoltarle? Quanti di voi presi dalla fretta, dalla rabbia, dalla stanchezza le avete pronunciate senza darci peso? Il bambino utilizza queste informazioni per crearsi un' autorappresentazione ed è per questo che bisogna evitarle.

Queste informazioni , queste frasi/giudizio vengono registrate in un' area chiamata ippocampo ed è in base a quanto sa di se stesso che il Bambino/Adolescente/Adulto prenderà le sue decisioni e muoverà le sue azioni. Un Bambino rispettato è un Adulto rispettoso.

Per tutti i genitori è estremamente difficile accogliere un bambino che piange, urla, e manifesta la sua collera , ma quando un bambino dice "ho sonno", "non voglio andare a scuola" , "sono triste", o ce lo fa capire tramite i suoi comportamenti, sta cercando di esprimere sé stesso.

Questo non significa che i genitori dovrebbero fargli fare tutto quello che vuole, ma dovrebbero rispettare e valorizzare il suo diritto di esprimere le proprie emozioni e bisogni.

Altrimenti potrebbe svilupparsi quello che Winnicoot chiama "falso sè", il piccolo diventerà ciò che i suoi genitori vogliono ma dentro di sé non starà bene, farà fatica a sapere ciò che vuole, chiederà spesso cosa deve fare e avrà continuamente bisogno dei pareri degli altri.

Ma allora In che modo i genitori possono aiutare i bambini concretamente a vivere le emozioni e a far maturare la sua identità? Vi forniremo tanti consigli ed esempi pratici , continuate a seguirci! 


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